domenica 23 novembre 2008

La timidezza dei campioni.


Inizio dalla fine: premiazione dei primi tre arrivati alla maratona di Milano 2008. 
Sul podio salgono Duncan Kimbet, Elias Kemboi e Leonard Mucheru: primo, secondo e terzo classificati.
Quello che stupisce in questi atleti Keniani è la calma, una calma serafica, rassicurante, simpatica.
Quello che stupisce in questi ragazzi è la modestia nei modi, modestia verso il pubblico e verso i fotografi, modestia verso le autorità premianti e tra di loro.
Quello che stupisce in questi campioni è la loro timidezza: come quando vengono invitati a prendere la bottiglia magnum di spumante ai loro piedi per festeggiare...si guardano perplessi, la prendono in mano, ma si guardano bene dallo stapparla...non siamo mica in formula 1!
Si potrebbe fare una facile retorica confrontando questi comportamenti con i comportamenti, spesso arroganti e sfacciati, degli atleti degli "sport maggiori", soprattutto i calciatori.
Essendo allergico alla retorica provo invece a raccontare qualche impressione su questa maratona.
Dopo aver analizzato il percorso (partenza e arrivo in piazza del Cannone dopo un passaggio in piazza Duomo e il giro della circonvallazione), decido di aspettare i podisti in porta Venezia: così li vedrò passare due volte (andata e ritorno dal Duomo), per poi aspettarli al traguardo. In pratica li aspetto al quarto chilometro e in pratica le gerarchie sono già state decise... arriva il gruppetto dei keniani ad un passo che mi stupisce e mi turba....vanno veramente forte! Un ritmo del genere riuscirei a tenerlo per non più di 5 minuti. Pian piano arrivano gli altri....prima gli atleti dei gruppi sportivi militari (noto un carabiniere ed un' atleta dell'esercito), poi quelli dei gruppi sportivi privati, poi un gruppone massiccio e ben allenato e poi via via corridori che avrebbero fatto meglio ad iscriversi ad una 5 km.
In tutti, però, si legge in volto come una soddisfazione, come un orgoglio del partecipare. Qui sta una delle peculiarità della corsa, a prescindere dalla distanza: si corre per se stessi, per migliorare il proprio tempo, per arrivare, per esserci.
In fondo la gioia di chi riesce ad arrivare al traguardo (magari sotto le 4 ore) non è molto dissimile dalla gioia provata da Kibet che ha chiuso la gara in 2h 07'35'', primato della corsa.
Gioia che si è vista trasparire appieno nel bel volto siciliano di Anna Incerti, vincitrice della gara femminile in 2h27'42'' davanti alla keniana Chepchumba, vincitrice l'anno scorso, e all' etiope Dembomba....e scusate se è poco!

Vincenzo


1 commento:

MARCO MONZU' ha detto...

La velocità viene definita come la capacità di compiere azioni in un tempo minimo.
Tre sono i suoi fattori fondamentali:
1) il tempo della reazione motoria.
2) la rapidità del singolo movimento.
3) la frequenza dei movimenti.
Anche se queste tre componenti sono indipendenti, tuttavia non appaiono mai isolate in modo netto.
Gli eventi fisiologici che attivano la risposta fisica e motoria della velocità sono almeno 5:
1) il prodursi di un eccitazione del recettore nervoso.
2) la trasmissione dei segnali dal recettore al cervello.
3) il passaggio dello stimolo nella rete nervosa e la elaborazione del segnale diretto all'effettore.
4) l'arrivo del segnale proveniente dal cervello al muscolo.
5) la stimolazione del muscolo e la produzione, in esso, di attività meccanica.
Si distinguono anche due tipi di applicazione della velocità: quella espletata con movimenti ciclici (che si ripetono uguali, come nella corsa) e quella che si manifesta con movimenti aciclici (che variano spesso, come nel caso del basket).