lunedì 9 febbraio 2009

Islera



Di Manolete, oltre ad una tecnica di toreare molto personale e coraggiosa che lo portava a stare sempre vicino al toro, si ricordano le ultime parole dopo l'incornata che gli risultò fatale: "chissà come soffrirà mia madre....".
E chissà cosa stava facendo Islera quel 28 agosto del 1947 quando suo figlio, Islero, incornò l'arteria femorale di Manolete, il più famoso e bravo torero di tutti i tempi.
L'opinione pubblica spagnola rimase sconvolta dal fatto, tanto che il Generalissimo Franco proclamò tre giorni di lutto nazionale.

Qualche giorno fa su facebook ho ritrovato un compagno di classe delle medie con cui, dopo i classici convenevoli, ho ricordato quando, come ricerca scolastica, andammo in strada muniti di registratore a chiedere ai passanti cosa pensassero della corrida... e come le risposte fossero più o meno divise in due tipi: chi vedeva nella corrida una pratica di violenza inutile verso gli animali e chi, invece, ne sottolineava le valenze culturali.
La corrida è una di quelle manifestazioni che difficilmente lasciano indifferenti: o la si ama o la si odia... e anche il mio vecchio compagno ed io non facciamo eccezione: lui la odia, io la amo!

Ho assistito di persona solo a due corride, entrambe a Malaga: una era un allenamento di giovani toreri nella Paza de Toros, evento gratuito aperto alla cittadinanza e la seconda una corrida di una certa importanza svoltasi durante la Feria de Malaga, una sorta di carnevale che si svolge ad agosto nella città andalusa e che raccoglie moltitudini di persone pronte a far bisboccia.
Ho anche seguito una corrida in tv, trasmessa in diretta da Madrid, mangiando un panino in un bar di Cordoba... ma lì eravamo in maggioranza turisti, e questo mi ha un po' rovinato lo spettacolo.
A Malaga, invece, ero uno dei pochi non spagnoli sugli spalti e questo credo sia un presupposto irrinunciabile per vivere appieno lo spettacolo e per capirne un poco i riti.

La corrida segue un cerimoniale rigido: prima il toro viene fatto entrare nell'arena dove corre liberamente e viene esaminato dal torero; poi entrano i picadores a cavallo che con una lancia provocano una serie di ferite all'animale; poi è la volta dei banderilleros che, correndo incontro al toro, lo infilzano con le banderillas, delle piccole aste appuntite ornate di nastri colorati; infine è la volta del torero che, istigando il toro con la muleta (il drappo rosso che tutti conosciamo), dovrà stancarlo e poi infilzarlo con una spada fra le scapole così da raggiungere il cuore. La maestria del torero sarà giudicata da come farà muovere il toro, da quanto gli andrà vicino, da quanto tempo impiegherà ad abbatterlo, da quante infilzate tenterà.... inutile dire che ai migliori ne basta una. Solitamente per ogni corrida ci sono tre tori e tre toreri che si susseguono nella serata.

Ci sono molte cose che mi affascinano nella corrida: la forza bestiale ed esplosiva del toro, il coraggio di tutti quelli che entrano nell'arena, la virilità ostentata (il toro, il torero, i picadores, i banderilleros... tutti rigorosamente maschi), la partecipazione del pubblico che sta in religioso silenzio quando c'è da non fiatare e invece esplode in urla di gioia o in grasse imprecazioni verso i toreri, a seconda di come si comportano. C'è poi l'emozione di assistere ad un evento prettamente spagnolo (e questo spiega perchè in Catalogna la corrida non sia molto seguita), che racchiude alcune delle caratteristiche di questo popolo: la fierezza, il machismo, la serietà e la non paura della morte.
E qui credo stia l' essenza ultima e conturbante della corrida: sfidare la morte sotto forma di possenti corna di toro.
In fondo è un celebrare la vita sfidando la morte: sapendo che, probabilmente, nell'arena vinceremo noi, ma, sicuramente, alla fine vincerà lei.

Vincenzo

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